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IL MODELLO TERAPEUTICO

MODELLO MULTIMODALE: nasce dal concetto che più fattori concausali concorrono a determinare disturbi mentali complessi. Fattori genetici e ambientali contribuiscono in varia misura ad influenzare la predisposizione ad ammalarsi e l’effettivo concretizzarsi della patologia psichica e/o mentale. Liberman ha sviluppato uno dei modelli più completi sulla schizofrenia spiegando l’insorgenza, il decorso, la prognosi e il funzionamento sociale dei principali disturbi mentali come una complessa e reciprocamente condizionante relazione tra fattori biologici, ambientali e comportamentali. Per questo il progetto riabilitativo deve puntare sui fattori di protezione come il coping e la competenza. Questo spiega anche la necessità di affidare la risposta terapeutica ad un’équipe multidisciplinare. L’intervento terapeutico si fonda su: psicofarmacoterapia , psicoterapia, riabilitazione e abilitazione. Le terapie farmacologiche influenzano positivamente i fattori relativi alla vulnerabilità psicobiologica. Il potenziamento della competenza sociale può dare più opportunità di adattamento ambientale, permettendo così una maggiore qualità della vita e contrastando la cronicizzazione. L’intervento terapeutico riabilitativo è parte di un ampio progetto di presa in carico condiviso tra la comunità, il cliente, la famiglia ed il servizio inviante. Il percorso di cura è individualizzato, flessibile e a termine; si sviluppa in fasi progressive e prevede la misurazione degli esiti. Il modello terapeutico prevede che la persona raggiunga gli obiettivi comportamentali desiderati e concordati nel piano di trattamento mediante l’incremento delle abilità e delle competenze personali in termini di consapevolezza di sé e degli altri, regolazione emotiva, efficacia nelle relazioni interpersonali e tolleranza dello stress.

– IL PERCORSO TERAPEUTICO-RIABILITATIVO

Nel periodo dell’accoglienza l’equipe è in una posizione di ascolto e di osservazione rispetto ai bisogni e alle potenzialità dell’ospite. Egli viene invitato ed aiutato a partecipare alla vita della comunità e alle sue diverse attività terapeutiche e di autogestione. Nel primo mese di osservazione e interazione si procede all’assessment con rilevazione delle risorse e difficoltà: dati di partenza ed elementi di valutazione con cui costruire il progetto.

In questa fase si perseguono obiettivi di:

-Acquisizione delle abilità basiche di autonomia personale cura del sé ches-acquisizione delle funzioni cognitive o delle  capacità da autoregolazione emotiva necessarie per lo strutturarsi di un’identità il più possibile, valida, coesa e in grado di relazionarsi in modo adeguato con l’ambiente.

-Acquisizione della maggiore autonomia,indipendenza personale possibile nelle scelte professionali e scolastiche, nella gestione dei propri interessi. In questa fase l’ospite impara a leggere i fatti quotidiani, le relazioni e conseguenti movimenti affettivi ed emotivi, sperimentandosi continuamente nei rapporti interni ed esterni alla comunità, ed imparando anche a rileggere le relazioni familiari alla luce di una nuova ottica. Il momento successivo, della preparazione all’uscita, è il più delicato e impegnativo del percorso. La comunità si propone come istanza di mediazione e di emancipazione che pensa e progetta fin dall’inizio il dopo del paziente curandone tutti momenti di transizione attraverso l’attivazione e l’ottimizzazione dei rapporti di collaborazione con le altre realtà sociali e istituzionali.  Va fatta un’attenta e realistica valutazione, insieme al paziente, del suo percorso di crescita prendendo in considerazione sia le acquisizioni relative al mondo interno e relazionale sia le sue capacità di muoversi come persona adulta nel mondo sociale. La comunità rimane a sua disposizione per tutto il periodo successivo evitando separazioni troppo brusche.

La quotidianità come cura

La quotidianità è  volta alla creazione di uno spazio di vita e di cura. Gli operatori sono impegnati a sostenere gli ospiti come membri attivi del gruppo. Il lavoro nel quotidiano riguarda la dimensione del fare e quella dell’essere in relazione: nelle diverse attività praticate insieme l’operatore favorisce il superamento delle difficoltà e la comprensione dell’infinita serie di fatti, comunicazioni e interazioni che avvengono nella vita del gruppo.

Le attività

Gli interventi riabilitativi si avvalgono principalmente di strategie psicoeducazione scientificamente verificabili. Le attività preminente sono:

-Attività quotidiane: la comunità è un contesto autogestito nel quale gli ospiti, se necessario affiancati dagli operatori, coordinano e portano avanti in maniera progressivamente più autonoma le diverse attività necessarie alla vita ordinaria. Aver cura del proprio spazio di vita, curarne la pulizia, preparare i pasti, fare la spesa, sono attività fondamentali in un percorso di progressiva autonomia.

-Attività organizzativa assembleari: Programmazione delle diverse attività quotidiane. Settimanalmente si tiene un’assemblea che rappresenta il momento centrale della vita di comunità, dove si discute democraticamente l’organizzazione della vita di comunità: ci si confronta sulle proposte, le regole e gli orari della comunità e con la realtà del continuo scambio con gli altri.

-Attività cliniche: psicoterapia individuale, gruppi psicoeducazione, colloqui psicofarmaco terapici.

-Attività riabilitative: abilità di vita quotidiana, gruppi arte, competenze ruolo sociale (gruppi di abilità sociali, riabilitazione neuropsicologica, gruppi di lavoro). Oltre le attività comuni, per ogni ospite è possibile prevedere la formulazione di un progetto individuale rispondente a gli interessi personali (conclusione studi, esperienze di tirocinio lavorativo, ecc.).

Le dimissioni

Il progetto terapeutico riabilitativo ha termine con il reinserimento in famiglia o con la collocazione dell’ospite in un contesto di vita più autonomo e diverso da quello esistente al momento dell’ingresso. Ma la dimissione non costituisce solo il termine del percorso di cura ma spesso l’inizio di ulteriori passaggi evolutivi. Per questo deve essere pensata e realizzata nel tempo con i diversi attori del progetto terapeutico (paziente, famiglia, servizio) al fine di organizzare passaggi che abbiano cura delle reali condizioni dell’ospite e delle sue nuove acquisizioni, della modulazione realistica delle aspettative di tutti gli attori della scena terapeutica e non ultimo delle risorse disponibili per qualsivoglia futuro progetto. Nella fase di reinserimento l’obiettivo è di predisporre attivare nel territorio di appartenenza le opportune risorse di supporto che operino in coerenza con il programma. Il fine sono la gradualità e la congruenza delle frasi del percorso verso una autonomizzazione dalla comunità.

Analogamente alla fase di ingresso le dimissioni sono previste con gradualità tale da garantire il consolidamento dei risultati ottenuti e una particolare attenzione ai processi di separazione e alla loro corretta elaborazione. A questo fine prima della dimissione vera e propria, sono previsti incontri con le famiglie ed il servizio di riferimento per valutare le opportunità concrete necessarie a dare continuità al percorso di cura anche dopo la comunità.

Criteri di ammissione

La comunità può ospitare ospiti di età compresa tra i 18 e i 65 anni. I posti sono garantiti a persone in regime contrattuale con le aziende sanitarie, ma sono anche a disposizione dei clienti privati. Diagnosi elettive di ammissione: schizofrenia e sindromi correlate, disturbi dell’umore (disturbo depressivo e disturbo bipolare), disturbi d’ansia, disturbi di personalità.